martedì 16 ottobre 2012

Ossobuco alla milanese con risotto giallo.

L'ossobuco (oss bus) è un taglio di carne di bovino, da cui deriva un tipico piatto della cucina milanese.
Vi sono vari modi di prepararlo. Può essere servito come seconda portata, ma può anche accompagnare il risotto allo zafferano.


Ossobuco di vitello

Ossobuco con tutte le sue erronee varianti (osobuco, ossobucco, osso bucco, etc.) è una delle parole italiane più conosciute nel mondo. Non per caso, in solo 0,26 secondi Google in inglese può arrivare a dare quasi due milioni di risultati con questo nome. Il significato della parola sarebbe osso cavo e in termini culinari si riferisce generalmente al piatto conosciuto come ossobuco in gremolata alla milanese. Il suo ingrediente principale è lo stinco di vitello e specificamente la parte centrale di quello posteriore che ha abbastanza carne tenera attorno all’osso, cosa che quello anteriore non ha. La sua popolarità fa dell’ossobuco uno dei piatti più taroccati della cucina italiana tradizionale nel mondo: Per questa ragione è stato proclamato piatto ufficiale della quinta edizione della IDIC – International Day of Italian Cuisines 2012, la cui missione è proteggere e promuovere l’autenticità e la qualità della cucina italiana. Il piatto è uscito dall’Italia con gli emigranti, possibilmente ma non necessariamente, con quelli della regione Lombardia. La sua ricetta divenne conosciuta in tutta Italia a partire dalla fine del XIX secolo. Tra le possibili ragioni della sua popolarità c’è sicuramente il suo basso costo e la relativa facilità della sua preparazione.
Il basso costo non significa necessariamente che era un piatto per i poveri: era semplicemente un piatto ideale per le famiglie. Servito con risotto o polenta, l’ossobuco era ed è un delizioso e soddisfacente pasto.
Era originariamente un piatto stagionale, da cucinare in inverno, sulle cucine a legna o a carbone, che nel passato avevano anche la funzione di riscaldare le case. Il profilo familiare dell’ossobuco fu la ragione del suo successo nei ristoranti italiani aperti dagli emigrati in giro per il mondo, tutti basati su una generosa cucina casalinga.
In ogni caso, un contributo notevole alla popolarità dell’ossobuco nel mondo venne dalla sua inclusione in famosi ricettari pubblicati al di fuori dell’Italia. 

Ossobuco di vitello

Milano reclama di essere la città dove l’ossobuco è nato. Il suo Consiglio Comunale, nel 2007, dichiarò solennemente l’ oss (o òs) buss, ossobuco in vernacolo milanese, parte delle De.Co., Denominazioni Comunali, che sono un riconoscimento pubblico dell’origine di un prodotto e della sua appartenenza a un territorio. Non c’è dubbio che l’Ossobuco è originario della Regione Lombardia. Nessuno però può dire a quando risale la sua nascita. L’uso delle ossa con midollo e degli stinchi di vitello era comune nella cucina del Medio Evo, ma non ci sono prove della esistenza del piatto a quei tempi.
Se si prende in considerazione la Gremolata a base di buccia di limone che accompagna il piatto si può presumere che il piatto era già fatto nel XVIII secolo. Secondo gli storici della cucina fu nel periodo della rivoluzione Illuminista che il limone – in questo caso la buccia – sostituì più costose spezie, quali i chiodi di garofano, la cannella e la noce moscata.
In quel periodo e in precedenza, inoltre, il piatto non includeva pomodori, che iniziarono a essere usati alla fine del XVIII secolo. Alcuni autori credono che l’ossobuco ha una storia molto recente, anche perché non appare in libri popolari del XIX secolo, come “La vera cucina lombarda” pubblicata da un anonimo nel 1890. Siccome questo libro era diretto principalmente alle donne di casa, l’autore Americano Clifford Wright ritiene che l’ossobuco sia un piatto nato in un contesto di HoReCa, ovvero in qualche osteria.
La sua tesi però è debole perche fin dal 1891 la ricetta dell’ossobuco alla milanese fu inclusa nella Scienza in Cucina e l’arte del mangiare bene di Pellegrino Artusi. Lo scrittore di origini romagnole incluse nella sua raccolta di ricette di cucina nazionale solo quelle più famose, note e radicate da lungo tempo.
L’Artusi, nel suo libro, descrive la ricetta (n° 358) nel seguente modo:
“Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai Milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. intendo quindi descriverlo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato.
È l'osso buco un pezzo d'osso muscoloso e bucato dell'estremità della coscia o della spalla della vitella di latte, il quale si cuoce in umido in modo che riesca delicato e gustoso. Mettetene al fuoco tanti pezzi quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un battuto crudo e tritato di cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro; conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso sapore aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per legare il sugo e tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva. Il sugo passatelo, digrassatelo e rimesso al fuoco, dategli odore con buccia di limone tagliata a pezzettini, unendovi un pizzico di prezzemolo tritato prima di levarlo dal fuoco”.
Come per molti altri piatti tradizionali italiani non c’è una sola maniera di fare un autentico ossobuco alla milanese; le variazioni sono parte del concetto di autenticità della cucina tradizionale italiana che può essere definita in molti casi più da quello che sicuramente non si può o deve fare, che da quello che è consentito.
La ricetta classica dell’ossobuco che appare in molti libri di cucina, compresa “La cucina lombarda” di Alessandro Molinari Pradelli e in “Cuochi si diventa” di Allan Bay, parte da un semplice soffritto di cipolla tritata appassita in burro o in olio e burro. Gli ossibuchi leggermente infarinati, sono quindi rosolati adeguatamente in entrambi i lati nella stessa casseruola, con la cipolla (o senza, per non correre il rischio di bruciarla). Quindi dovrebbe essere aggiunto il vino bianco e la cottura dovrebbe continuare con la fiamma abbassata e la pentola incoperchiata.
In altre ricette, come quella che pubblica Artusi e quella di Marcella Hazan in Essentials of Italian Cooking, carota e sedano tritato vengono uniti alla cipolla per fare il classico soffritto all’italiana, che è raccomandato anche bella ricetta di Mario Caramella. Anna Gosetti della Salda in “Le ricette regionali italiane”, include un solo spicchio d’aglio da rosolare nel burro e rimuovere prima di aggiungere gli ossibuchi al soffritto che, secondo altre ricette, deve contenere anche prosciutto o pancetta.
L’infarinatura della, una maniera per intenerire la carne nel passato, appare solo in alcune ricette e sicuramente non in quella di Artusi o della Hazan.

Ossobuco di vitello

Nelle ricette tradizionali gli ossibuchi appena rosolati sono irrorati di vino che viene quindi fatto evaporare. Quindi sono conditi con sale e pepe e fatti cuocere a fiamma bassa nella pentola coperta. Devono essere girati a intervalli regolari e bagnati con brodo quando basta per non tenerli secchi. Questa è la tecnica originale italiana chiamata “arrosto morto” che poi è simile a quella del brasato (“neppure un raffinato gesuita è in grado di distinguere un arrosto morto da un brasato”, scrive Allan Bay). Negli ultimi decenni questa tecnica è stata sostituita da una molto comune nella cucina francese: dopo l’evaporazione del vino gli ossibuchi sono coperti dal brodo di vitello e messi nel forno caldo a brasare. Questa tecnica per cuocere gli ossibuchi inizia ad apparire nei ricettari – come negli “Essentials” di Marcela Hazan - a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.
La gremolata (‘gremolada’ or ‘cremolata’), nella sua tradizionale versione base è preparata con prezzemolo, aglio e buccia di limone tritati insieme. La parola gremolata viene dal milanese “gremolà”, ridurre in grani, ed era usata nel passato anche per insaporire le scaloppine e piatti a base di coniglio. Viene aggiunta all’Ossobuco solo alla fine, prima che si mandi in tavola. A volte la gremolata contiene rosmarino o salvia, o addirittura acciughe, come nella ricetta che Ada Boni pubblica ne “Il talismano della felicità”.
Gli ossibuchi devono cuocere fino a che la carne si stacca dall’osso e può essere tagliata con la sola forchetta. Gli stinchi devono essere di vitelli di latte per ottenere la tenerezza dovuta. La carne dovrebbe essere “tenera come le cosce di un angelo/che ha vissuto un’esistenza in volo”, ha scritto il poeta americano Billy Collins nel suo poema “Osso Buco” (“qualcosa che non si sente molto in poesia,/quel santuario di fame e privazioni”). La tenerezza e la succulenza sono le caratteristiche dei migliori ossobuco. Il midollo infine è una leccornia e tradizionalmente era mangiato con l’aiuto di un cucchiaino lungo che si chiama “esattore”. Come si è detto l’ossobuco si mangia con il risotto o con la polenta, o accompagnato da pane dalla crosta croccante. Una cosa è certa, dopo averlo mangiato, deve generare quella sensazione che Collins descrive come “il leone dell’appagamento” che piazza “una calorosa pesante zampata” sul petto di chi ha appena cenato con ossobuco.

Nel mio precedente post del 24/08/2012 “Risotto alla milanese” affermavo che gli ossibuchi con il riso allo zafferano rappresenta un classico della cucina tradizionale Milanese; nello stesso post (riguardante solo il risotto) rimandavo ad un periodo più “fresco” la descrizione del piatto nella sua completezza; il periodo è arrivato.

Ossobuco alla milanese con risotto giallo.

Ingredienti (per 4 persone)
Per gli ossibuchi:
4 ossibuchi di vitello (circa 800 g);
40 g di burro;
5 cucchiai di olio EVO;
½ bicchiere di vino bianco secco;
½ cipolla;
1 carota piccola;
1 Cucchiaio di concentrato di pomodoro;
Brodo di carne (o di dado) q.b.
Sale e pepe q.b.
Per la gramolata:
Buccia  di ½  limone BIO (solo parte gialla);
3 filetti di acciuga dissalata e diliscata;
1 mazzetto di prezzemolo.

1 – Preparazione.
Tritare finemente la cipolla e la carota.
Preparare la gramolata tritando finemente la buccia del limone, il prezzemolo e i filetti d’acciuga.
Infarinate quattro ossibuchi, alti almeno un paio di dita, dopo aver inciso in tre o quattro punti la pellicola che li circonda.

2 – Cottura.
Fate sudare in una pentola bassa e larga a fondo spesso la cipolla e la carota (la carota è opzionale) nel burro e olio (non "burro O olio", ma "burro E olio").
Togliere la cipolla (e la carota), metterle in un piattino, e fate rosolare gli ossi buchi prima da un lato e poi dall'altro.
Bagnate con il vino bianco, aggiungendo poi sale, pepe, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro e infine la cipolla (e la carota) già stufate.
Abbassate il fuoco al minimo, coprite, muovendo spesso gli ossibuchi perché non si attacchino e grattando dolcemente il fondo della pentola con una spatola di legno.
Lasciate cuocere un'ora e mezza; eventualmente aggiungete qualche cucchiaio di brodo.

3 - Presentazione.
Unite la gremolada, un mezzo mestolino di brodo, girate gli ossi buchi da entrambi i lati... tre minuti e sono pronti.
Accompagnare con il “risotto giallo” preparato secondo la seguente ricetta.


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