domenica 14 ottobre 2012

Peperoncini piccanti ripieni sott'olio.

Capsicum L. è un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo. Oltre al noto peperone, il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci.

Peperoncini piccanti

Secondo alcuni, il nome latino "Capsicum" deriva da "capsa", che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto (una bacca) che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Altri invece lo fanno derivare dal greco kapto che significa mordere, con evidente riferimento al piccante che "morde" la lingua quando si mangia.
Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5500 a.C. era conosciuto in Messico, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Perù e del Messico. In Europa il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo che lo portò dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493. Poiché Colombo sbarcò in un'isola caraibica, molto probabilmente la specie da lui incontrata fu il Capsicum chinense delle varietà Scotch Bonnet o Habanero, le più diffuse nelle isole.

Peperoncini piccanti

Introdotto quindi in Europa dagli spagnoli, ebbe un immediato successo, ma i guadagni che la Spagna si aspettava dal commercio di tale frutto (come accadeva con altre spezie orientali) furono deludenti, poiché il peperoncino si acclimatò benissimo nel vecchio continente, diffondendosi in tutte le regioni meridionali, in Africa ed in Asia, e venne così adottato come spezia anche da quella parte della popolazione che non poteva permettersi l'acquisto di cannella, noce moscata, ecc.
Il frutto venne chiamato peperone a causa della somiglianza nel gusto (sebbene non nell'aspetto), con il pepe, Piper in latino. Il nome con il quale era chiamato nel nuovo mondo in lingua nahuatl era chilli o xilli (leggi cìlli o scìlli), e tale è rimasto sostanzialmente nello spagnolo del Messico e dell'America Centrale (chile) e nella lingua inglese (chili) e pure in alcuni nomi di varietà, come il chiltepin (C. annuum var. aviculare), derivato dalla Lingua nahuatl chilitecpintl o peperoncino pulce, per le dimensioni e il gusto ferocemente piccante. Il chiltepin è ritenuto l'antenato di tutte le altre specie. Nei paesi del Sudamerica di lingua spagnola e portoghese, invece, viene comunemente chiamato ajlì, modernizzazione dell’antillano asci. La parola in lingua quechua per i peperoncini è uchu, come nel nome usato per il rocoto dagli Inca: rócot uchu, peperoncino spesso, polposo.
La sostanza artefice principale della piccantezza è l'alcaloide capsaicina (8-metil-N-vanillil-6-nonenamide o C18H27NO3), insieme ad altre 4 sostanze naturali correlate, chiamate collettivamente capsaicinoidi, che ne comprendono anche altre di sintesi. Ogni capsacinoide ha piccantezza relativa e un sapore diversi nella bocca, e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze determina le diverse sensazioni prodotte dalle diverse varietà, oltre al loro contenuto. La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso, e può addirittura causare vesciche da ustione, se in alte concentrazioni. Rappresenta anche l'ingrediente principale nello spray al pepe, usato come "arma non letale".

Peperoncini piccanti

La sensazione di bruciore che percepiamo, tanto più intensa e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento di temperatura nella nostra bocca. La capsaicina interagisce semplicemente con alcuni termorecettori presenti nella bocca, nello stomaco e nell'ano, che mandano un segnale al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco "bruciasse".
La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell'habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come anestetico.
Un bicchiere di latte freddo, sorseggiato lentamente, è senz'altro il "rimedio" migliore all'eccessiva piccantezza, da tenere a portata di mano per l'assaggio di salse piccanti o peperoncini sconosciuti. Molto efficace anche mangiare del pane, specie la mollica, perché rimuove meccanicamente il peperoncino dalla bocca.

Peperoncini piccanti

Il peperoncino è un condimento molto popolare, nonostante il dolore e l'irritazione che provoca. Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l'uso di peperoncino ed altre spezie.
I peperoncini sono ricchi in vitamina C e si ritiene abbiano molti effetti benefici sulla salute umana, purché usati con moderazione ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, il peperoncino si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione. Queste virtù sono dovute principalmente alla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di muco e di succhi gastrici. In ultimo il peperoncino stimolando la peristalsi intestinale favorisce il transito e l'evacuazione, il più rapido passaggio intestinale in sinergia col potere antibatterico ed antimicotico evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine, particolarmente le tossine della candida albicans.
Alcuni studi hanno evidenziato un aumento del metabolismo e una riduzione dell'insulina ematica dopo aver mangiato cibi conditi con peperoncini piccanti. Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico in artriti, neuropatia diabetica, nevralgie post-herpetiche e del trigemino, sintomi post-mastectomia, cefalea a grappolo . I capsaicinoidi agiscono a livello dei nocicettori mediante i recettori vanilloidi specifici VR-1, come desensibilizzanti dei recettori stessi agli stimoli dolorosi, in una prima fase attraverso una "desensibilizzazione acuta" ed in seguito attraverso una tachifilassi (una ridotta risposta recettoriale alle successive applicazioni di capsaicinoidi). Si può anche ipotizzare che la sensazione di dolore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a produrre endorfine, un oppiaceo naturale in grado di agire da analgesico e produrre una sensazione di benessere.
Non esiste alcuno studio o prova sperimentale che dimostri le sue presunte proprietà afrodisiache.
In conclusione i benefici dei peperoncini sono numerosi, anche se non tutti confermati, e questi frutti delle piante di Capsicum (della famiglia delle Solanaceae come le piante del tabacco, delle melanzane e dei pomodori) sono sempre al centro di numerosi studi in atto per certificarne le effettive proprietà benefiche. Moltissime tradizioni medicinali popolari usano come rimedio il peperoncino, e la medicina Ayurvedica lo consiglia per il trattamento di ulcere peptiche.

Peperoncini piccanti tondi

Gli uccelli, al contrario dei mammiferi, non sono sensibili alla capsaicina, poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. A ragione di ciò i peperoncini costituiscono il cibo preferito di molti volatili; essi costituiscono infatti una fonte di vitamina C e carotene, necessari agli uccelli soprattutto durante la muta del piumaggio. In cambio gli uccelli spargono i semi della pianta sia mentre consumano i frutti, sia attraverso le feci, poiché questi semi riescono a oltrepassare l'apparato digerente inalterati. Si pensa che questo tipo di relazione abbia promosso l'evoluzione dell'attività protettrice della capsaicina. È infine interessante notare come agenti chimici usati per dare un sapore di uva a bevande come la "grape soda" (bevanda frizzante al gusto di uva) diano negli uccelli un effetto simile a quello che la capsaicina dà agli esseri umani.

Molto tempo fa, in casa di amici, ho assaggiato questo peperoncino tondo piccante ripieno e sott’olio. Li ho trovati ottimi; la piccantezza non eccessiva bene si abbinava al gusto del ripieno a base di tonno e acciughe.
L’unico aspetto, forse per i miei gusti, non troppo positivo, riguardava il fatto che l’impasto del ripieno, con il passare del tempo di permanenza nell’olio, assorbiva troppo l’olio della conserva, dando in bocca una sensazione di “unto” eccessivo.
Ho cercato qualche cosa di alternativo ma che, allo stesso tempo, risultasse un po’ piccante ma equilibrato nel gusto e, soprattutto, meno “unto” in bocca.

Peperoncini piccanti ripieni sott'olio.

Ingredienti (per 3 vasetti da 500 ml)
1 Kg di peperoncini tondi;
¾ di aceto bianco;
¼ di vino bianco secco;
2 cucchiai di olio EVO;
2 Cucchiai di zucchero;
1 pizzico di sale
Olive verdi denocciolate (il quantitativo dipende dalla dimensione dei peperoncini e quindi dal loro numero. Io ne ho usate circa 200 g);
Capperi sott’aceto (anche qui vale il discorso fatto per le olive. Io ne ho usati circa 40-50 g);
Acciughe sott’olio (steso discorso fatto per le olive e i capperi. Io ne ho usate circa 200 g);
Olio EVO per riempire i vasi q.b.

1 – Preparazione.
Pulire bene i peperoncini usando dei guanti (sono piuttosto irritanti!); togliere tutti i semini interni e anche i filamenti bianchi (se ci sono); sciacquateli sotto l'acqua corrente, e metteteli ad asciugare un po' (1).
Nel frattempo portare ad ebollizione l'aceto con il vino bianco, i 2 cucchiai d'olio EVO, lo zucchero ed il sale (2).
Quando bolle, aggiungere i peperoncini e quando sarà ripreso il bollore lasciateli per altri 2 min. mescolando bene (3).
Scolarli, disporli con l’apertura verso il basso (4) e fateli asciugare per alcune ore coperti con un canovaccio; (io li preparo la sera per riempirli il mattino dopo; quindi riposano tutta la notte).
Mettere un cappero dentro all'oliva; “fasciate" l'oliva con un filetto d'acciuga e mettere il tutto dentro al peperoncino.
Inserire i peperoncini in un vasi pulitissimi e sterilizzati (io li ho sterilizzati in forno)(*)e riempire con ottimo olio EVO.

2 - Presentazione.
Già dopo qualche giorno si possono gustare ma però io preferisco lasciarli riposare per 30-40 giorni prima di consumarli.
Si possono consumare da soli come antipasto o accompagnati con salumi stagionati.
L’olio che resterà nei vasetti, potrà essere utilizzato per condire o insaporire altre preparazioni.


(*)Lavare bene i vasetti e i relativi tappi; mettete in forno, solo i vasetti, (i tappi a quella temperatura si rovinerebbero) e portate alla temperatura di 150 °C. 
Raggiunta la temperatura, lasciare nel forno i vasetti per 20-30 min. 
Riducete la temperatura del forno a 90-100 °C; raggiunta la temperatura, introducete anche i tappi e lasciateli al suo interno sino al loro utilizzo.

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