martedì 21 aprile 2015

Polpettine con le sarde.

Parecchi anni fa, grazie al il mio lavoro, ho avuto modo di percorrere l’Italia in lungo e in largo e, dopo oltre dieci anni di questo “girovagare”, posso sinceramente dire di conoscere il mio paese molto bene. 
Già in quel periodo coltivavo la passione per la cucina; ricordo che avevo una agendo dove riportavo luoghi, ristoranti (più che altro trattorie) dove avevo assaggiato piatti interessanti, ricette che riuscivo a strappare a qualche cuoco generoso, i prodotti tipici e rari, ecc. 
In ogni regione ho trovato decine di ricette fantastiche che, ti tanto in tanto, cerco di preparare o prendere spunto; qualche volta con risultati accettabili, altre volte, per la difficoltà di reperire alcuni ingredienti fondamentali, i risultati un poco meno soddisfacenti. Tra questi, un piatto tipico della cucina siciliana: la pasta con le sarde, un piatto ch io adoro. Le sarde, il finocchietto, i pinoli e l’uvetta sono gli ingredienti che caratterizzano la ricetta della pasta con le sarde.

Pasta con le sarde.

In questa preparazione ho voluto impiegare questi quattro ingredienti e, combinati con altri, ottenere un mix dal gusto accattivante.
Il finocchio (Foeniculum vulgare Mill.) è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere).
Conosciuto fin dall'antichità per le sue proprietà aromatiche, la sua coltivazione orticola sembra che risalga al 1500.
Si distinguono le varietà di finocchio selvatico dalle varietà di produzione orticola (dolce).

Finocchio.

Il finocchio selvatico è una pianta spontanea, perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2m. Possiede foglie che ricordano il fieno (da cui il nome foeniculum), di colore verde e produce in estate ombrelle di piccoli fiori gialli. Seguono i frutti (acheni), prima verdi e poi grigiastri. Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti (impropriamente chiamati "semi"). 
Il finocchio coltivato (o dolce) è una pianta annuale o biennale con radice a fittone. Raggiunge i 60-80 cm di altezza. Si consuma la grossa guaina a grumolo bianco che si sviluppa alla base.
La raccolta del fiore del finocchio selvatico avviene in Italia appena il fiore è "aperto", normalmente a partire dalla metà d'agosto fino a settembre inoltrato. Il fiore si può usare fresco o si può essiccare, all'aperto, alla luce, ma lontano dai raggi diretti del sole, che farebbero evaporare gli oli essenziali. I diacheni si possono raccogliere all'inizio dell'autunno, quando è avvenuta la trasformazione del fiore in frutto. Le "barbe" o foglie e i teneri germogli si possono cogliere dalla primavera all'autunno inoltrato.
In cucina si possono usare tutte le parti del finocchio. Il grumolo bianco (erroneamente ritenuto un bulbo) del finocchio coltivato si può mangiare crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e si può aggiungere agli stufati.
Per quanto riguarda il finocchio selvatico, chiamato in cucina anche "finocchina" o "finocchietto", si usano sia i fiori freschi o essiccati, sia i frutti o "diacheni", impropriamente chiamati "semi", che sono più o meno dolci, pepati o amari, a seconda della varietà, sia le foglie (o "barba"), sia i rametti più o meno grandi utilizzati nelle Marche per cucinare i bombetti (lumachine di mare); le foglie si usano fresche e sminuzzate per insaporire minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi: nella "pasta con le sarde", nota ricetta siciliana, le foglie del finocchio selvatico sono uno degli ingredienti essenziali.

Fiore del finocchio.

I fiori si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale (in particolare la "porchetta" dell'Alto Lazio). I cosiddetti "semi" si usano soprattutto per aromatizzare tarallini (Puglia), ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. È in uso nelle regioni costiere del Tirreno, un "liquore di finocchietto", per il quale s'utilizzano i fiori freschi e/o i "semi" e le foglie. 
I fiori si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale (in particolare la "porchetta" dell'Alto Lazio). I cosiddetti "semi" si usano soprattutto per aromatizzare tarallini (Puglia), ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. È in uso nelle regioni costiere del Tirreno, un "liquore di finocchietto", per il quale s'utilizzano i fiori freschi e/o i "semi" e le foglie.

Semi di finocchio.

Pochi, probabilmente, conoscono il significato, ma soprattutto l’origine, del modo di dire “infinocchiare”.
Edoardo Raspelli ha spiegato l’origine del significato della parola Infinocchiare durante una delle tante puntate di Mela Verde.
Il finocchio selvatico , soprattutto i rametti di finocchio, fra le tante cose ha un sapore intenso di anice.
Nel 700 questa particolarità era ben conosciuta dai venditori di vino e osti in generale che spesso sfruttavano questa caratteristica del finocchio.
Soprattutto gli osti in quel periodo usavano il finocchio con mille scuse per camuffare magari il loro vino, che sapevano scadente e che tentavano di vendere comunque assieme ad altro vino di qualità.
In pratica gli osti, con la scusa di far mangiare qualcosa ai clienti oppure di far togliere il sapore del vino ai clienti più esigenti per poi volevano essere pronti ad assaporare un vino diverso, rifilavano del finocchio crudo oppure salumi con finocchio come pane con semi di finocchio, oppure in toscana si usava la finocchiona, tipico insaccato fatto con carne di maiale macinata e aromatizzata con semi di finocchio.
In questo modo il cliente mangiava qualcosa oppure credeva di pulirsi la bocca dai sapori precedenti con questi cibi, invece, mangiando finocchio gli rimaneva in bocca in modo persistente un gusto di anice che così camuffava il sapore scarso del vino scarso che l’oste rifilava al malcapitato cliente che appunto veniva imbrogliato infinocchiato.

Polpettine con le sarde.

Ingredienti (per 4-6 persone) 
800 g sarde fresche;
2 patate medie; 
100 g di pan grattato grossolanamente;
2 cucchiai di grana grattugiato;
1 cucchiaino di semi di finocchio;
1 limone non trattato BIO;
40 g di pistacchi al naturale;
40 g di mandorle;
80 g di pinoli;
80 g di uva sultanina;
1 uovo;
1 mazzetto di prezzemolo;
1 cucchiaio d'olio EVO;
Olio di semi d’arachide per friggere;
Sale e pepe q.b.

1 – Preparazione. 
Mettere in ammollo con acqua tiepida, per almeno 1 ora, l’uvetta; lessare le patate, sbucciarle e schiacciarle.
Tritare finemente il prezzemolo e, a parte, i semi di finocchio.
In un padellino, portare ad ebollizione un bicchiere d’acqua; aggiungere i pistacchi e le mandorle, scottarle per 2-3 min. e, dopo averle fatte raffreddare, eliminare la pellicina e tritarle sino ad ottenere una granella non troppo fine.
Pulire e sfilettare le sarde, tritarle grossolanamente e metterle in una ciotola dove andranno aggiunti tutti gli altri ingredienti: le patate schiacciate, il formaggio grana, i semi di finocchio, i pinoli, l’uvetta stizzata, l’uovo, il prezzemolo tritato, l’olio EVO, la scorza grattugiata di un limone, il prezzemolo tritato, sale e pepe.
Mescolare bene tutti gli ingredienti e, nel caso l’impasto risultasse troppo morbido, aggiungere qualche cucchiaio di pane grattato; fare delle palline, di 2-3 cm di diametro e passarle in un mix composto da pan grattato, mandorle e pistacchi tritati grossolanamente e nella proporzione di un terzo per ingrediente.

2 – Cottura. 
In un padellino a sponde alte, mettere abbondante olio di semi e friggere 4-5 polpettine alla volta; le polpettine devono friggere completamente immerse nell’olio sino a totale doratura.
Eliminare l’eccesso dell’olio di frittura, adagiando le polpettine sopra della carta assorbente.

3 - Presentazione. 
Servite con una porzione di verdura di stagione, rappresenta un ottimo e gustoso secondo piatto.
Le polpettine, preparate con un diametro di circa 2 cm., infilzate singolarmente con uno stuzzica denti e servite in ciottoline rappresentano un sfiziosa idea per una portata di “finger food”.


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