venerdì 15 aprile 2016

Riso al caffè con gamberetti.

Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea, parte della famiglia botanica delle Rubiaceae, un gruppo di angiosperme che comprende oltre 600 generi e 13.500 specie.

Caffè.

Sebbene all'interno del genere Coffea siano identificate e descritte oltre 100 specie, commercialmente le diverse specie di origine sono presentate come diverse varietà di caffè. Le più diffuse tra esse sono l'arabica e la robusta.
Le specie di caffè coltivate su grande scala sono tre: Coffea arabica, Coffea canephora e, in minor misura, Coffea liberica. Una decina vengono coltivate localmente.
Le specie differiscono per gusto, contenuto di caffeina, e adattabilità a climi e terreni diversi da quelli di origine. Ricordiamo che tutte le specie coltivate esistono ancora, nelle zone d'origine, allo stato selvatico. È però anche vero che sono state create artificialmente molte nuove varietà.
Arabica 
La specie che è stata usata per prima è Coffea arabica, una pianta originaria dell'Etiopia (dove il caffè viene chiamato buna), del Sudan sud-orientale e del Kenya settentrionale e in seguito diffusasi nello Yemen, luogo in cui, peraltro, si ebbero le prime tracce storiche del consumo della bevanda, nel lontano 1450 tra i seguaci del sufismo.

Pianta del caffè.

I semi di Coffea arabica hanno un contenuto di caffeina molto inferiore a quelli delle altre specie di larga diffusione e rispetto alle altre specie è autoimpollinante, cioè autogama e inoltre predilige coltivazioni ad alta quota (tra 1000 e 2000 metri). La coltivazione di Coffea arabica fuori dei territori d'origine è iniziata molto presto, come ad esempio in Indonesia nel 1699.
Robusta 
Molto coltivata oggi è Coffea robusta (o Coffea canephora, nome considerato scientificamente più corretto ma poco usato commercialmente). È una specie originaria dell'Africa tropicale, tra l'Uganda e la Guinea, molto adattabile (cresce anche a quote inferiori ai 700 metri) e perciò più economica. La sua coltivazione è iniziata solo nell'Ottocento. È una pianta allogama, quindi richiede impollinazioni incrociate che la possono differenziare geneticamente con più facilità rispetto alla arabica.
Liberica 
Tra le specie di coltura meno diffusa, la più importante è Coffea liberica, originaria della Liberia e coltivata, oltre che in Africa occidentale, soprattutto in Indonesia e nelle Filippine.

Fiore del caffè.

Excelsa 
Nel 1903 è stata scoperta in Africa una nuova specie di alberi del caffè, battezzata con il nome di Coffea excelsa. Tuttavia, successivamente, i botanici hanno ritenuto che questa specie fosse in realtà solo una varietà di Coffea liberica e il suo nome scientifico corretto è quindi Coffea liberica var. dewevrei.
La varietà continua a essere chiamata Excelsa da coltivatori e commerciali e viene considerata molto promettente.
La parola araba qahwa, in origine, identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi che veniva consumata come liquido rosso scuro, il quale, bevuto, provocava effetti eccitanti e stimolanti, tanto da essere utilizzato anche in qualità di medicinale. Oggi questa parola indica, in arabo, precisamente il caffè.
Dal termine qahwa si passò alla parola turca kahve attraverso un progressivo restringimento di significato, parola riportata in italiano con caffè. Questa derivazione è contestata da quanti sostengono che il termine caffè derivi dal nome della regione in cui questa pianta era maggiormente diffusa allo stato spontaneo, Caffa, nell'Etiopia sud-occidentale.

Bacche del caffè.

Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine della pianta del caffè e, oltre all'Etiopia, si ipotizzava la Persia e lo Yemen. Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l'indizio per individuarne il luogo d'origine. Esistono molte leggende sull'origine del caffè.
La più conosciuta dice che un pastore chiamato Kaldi portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiare le bacche e a masticare le foglie. Arrivata la notte le capre anziché dormire si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta mangiati dal suo gregge, poi le macinò e ne fece un'infusione, ottenendo il caffè.
Un'altra leggenda ha come protagonista il profeta Maometto il quale, sentendosi male, ebbe un giorno la visione dell'Arcangelo Gabriele che gli offriva una pozione nera (come la Sacra Pietra della Mecca) creata da Allah, che gli permise di riprendersi e tornare in forze. Esiste anche una leggenda che narra di un incendio in Abissinia di piante selvatiche di caffè che diffuse nell'aria il suo fumo per chilometri e chilometri di distanza.
Nel XV secolo la conoscenza della bevanda a base di caffè si estese fino a Damasco, al Cairo per arrivare infine ad Istanbul, dove il suo consumo avveniva nei luoghi d'incontro dell'epoca.

Piantagione di caffè.

Nella sua opera Sylva sylvarum, pubblicata postuma nel 1627, Francesco Bacone fornisce per primo una descrizione di questi locali in cui i turchi siedono a bere caffè, paragonandoli alle taverne europee.
I primi a descrivere in Europa la pianta di caffè furono: in Germania, il botanico Léonard Rauwolf, con un libro pubblicato nel 1583 e in Italia, il marosticense Prospero Alpini, nel suo libro De Medicina AEgyptiorum datato 1591. Nella rappresentazione di Prospero Alpini mancano però le bacche della pianta di caffè, che furono descritte in Europa solo nel 1605 da Charles de L'Écluse, direttore allora del giardino botanico di Vienna.
Per i suoi rapporti commerciali in Vicino Oriente, Venezia fu la prima a far uso del caffè in Italia, forse fin dal XVI secolo; ma le prime botteghe del caffè furono aperte solo nel 1645.
Nel Settecento ogni città d'Europa possedeva almeno un caffè. Il caffè iniziò ad essere coltivato in larga scala nelle colonie britanniche e in quelle olandesi (in Indonesia). La Compagnia olandese delle Indie Orientali incominciò a coltivare il caffè già nell'ultimo decennio del XVII secolo, presso Giava utilizzando semi provenienti dal porto di Mocha, nello Yemen. Nel 1706 alcune piantine di caffè vennero trasferite da Giava al giardino botanico di Amsterdam; da lì, nel 1713, una pianta raggiunse la Francia.
Nel 1720 Gabriel de Clieu, un ufficiale della marina francese, salpò alla volta dei Caraibi con due piantine di caffè di cui solo una sopravvisse arrivando alla colonia francese della Martinica. Da lì, nei decenni seguenti, le piante si diffusero rapidamente in tutto il Centroamerica: Santo Domingo (1725), Guadalupa (1726), Giamaica (1730), Cuba (1748) e Porto Rico (1755).

Essicamento del caffè.

Nello stesso periodo, precisamente nel 1718, gli olandesi portarono il caffè in un'altra loro colonia, la Guiana Olandese (attuale Suriname) da cui, nel 1719 entrò nella Guiana Francese e di qui penetrò infine in Brasile, dove, nel 1727, vennero create le prime piantagioni. L'industria nelle colonie dipendeva esclusivamente dalla pratica della schiavitù, abolita solo, peraltro formalmente, nel 1888.
Fu Carlo Linneo, botanico svedese a cui si deve la diffusione del sistema di classificazione degli organismi in genere e specie, a proporre per primo il genere Coffea nel 1737.
Indicativamente, le zone di produzione sono rappresentate dalla seguente mappa: dati più precisi possono essere trovati sul sito dell'International Coffee Organization (ICO). Secondo le statistiche ivi riportate, i maggiori produttori mondiali sono, nell'ordine, il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l'Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Etiopia, India, Ecuador.
Già verso la fine del XVI secolo i botanici iniziarono ad analizzare le proprietà della bevanda. Dopo Rauwolf, nel 1713, il botanico francese Antoine de Jusseieu realizzò una delle più significative pubblicazioni scientifiche sull'anatomia del caffè. A coloro ai quali l'uso del caffè provoca troppo eccitamento - può provocare in soggetti predisposti episodi di tachicardia sinusale, quindi cardiopalmo, oppure insonnia - viene consigliato di astenersene o di usarlo con moderazione; l'effetto potrebbe anche essere corretto mescolandovi un po' di cicoria oppure orzo tostato. L'uso costante potrebbe neutralizzare gli effetti negativi del caffè su molte persone, ma potrebbe anche nuocere, essendovi dei temperamenti tanto eccitabili da non essere correggibili. Pellegrino Artusi sosteneva che l'uso del caffè dovesse essere proibito ai più giovani.

Tostatura del caffè.

Secondo una diceria ottocentesca, il caffè eserciterebbe un'azione meno eccitante nei luoghi umidi e paludosi e si riteneva che questa fosse la ragione per cui i paesi in cui se ne fa maggior consumo in Europa sono il Belgio ed i Paesi Bassi. In Medio Oriente, dove si usa di ridurlo in polvere finissima e farlo "all'antica" per berlo ancora torbido, il bricco, nelle case private, è sempre sul fuoco.
Secondo il medico Paolo Mantegazza, patologo ed igienista, il caffè, contrariamente a quello che comunemente si pensa, «...non favorisce in alcun modo la digestione»; tuttavia può essere fatta una distinzione: il criterio può essere riferito a coloro ai quali il caffè non provoca eccitazione particolare, mentre per coloro che sono sensibili alla bevanda, può portare la sua azione anche sul nervo pneumogastrico ed è un dato di fatto innegabile che possano digerire meglio (l'uso invalso di prendere una tazza di buon caffè dopo un lauto pranzo ne è una testimonianza, neppure troppo indiretta). Anche se la maggioranza di maître di sala o chef di cucina dicono che il caffè preso dopo pranzo aiuta la digestione, la cosa non è ancora stata provata.
Preso alla mattina a digiuno, sembrerebbe che il caffè vuoti lo stomaco dai residui di un'imperfetta digestione e lo predisponga ad una colazione più appetitosa; va precisato ad ogni modo che una tazzina di caffè, cioè 10 cl di caffè, e un cucchiaino di zucchero, apportano all'organismo solo 45 calorie in totale.
Resta inoltre valida la raccomandazione della Food and Drug Adminstration di «...evitare se possibile i cibi, le bevande e i medicinali che contengono caffeina, o comunque consumarli solo raramente». Molti ricercatori sconsigliano il caffè decaffeinato, cioè quello contenente meno del 0,1% di caffeina, rimarcando l'uso di solvente tossico per eliminare la caffeina, del quale rimarrebbero tracce, che tuttavia per legge dovrebbero non essere sopra una soglia minima, comunque considerata dai medesimi detrattori troppo alta (es. etilmetilchetone: 20 mg/kg; se subisce reazioni di condensazione, forma dei veleni). In realtà molte aziende utilizzano dei metodi di produzione del decaffeinato che non necessitano di alcun solvente realmente tossico, e che quindi si possono considerare sicuri.

Caffè.

Prima di mettersi in viaggio il caffè non è consigliato, se non dopo aver mangiato. Infatti è uno stimolante e facilita l'attenzione, ma favorisce anche un'ipersecrezione gastrica fastidiosa, soprattutto a stomaco vuoto. 
Il caffè mescolato al latte bollente (il famoso cappuccino) ha la proprietà di bloccare l'appetito ed è comunemente pensato essere un sostitutivo del pranzo anche se impropriamente. Questo perché, con la temperatura, l'acido tannico del caffè si combina con la caseina del latte, dando luogo al tannato di caseina, composto difficile da digerire.
Agli acidi clorogenici presenti nel caffè sono attribuiti effetti sul metabolismo del glucosio, perché si è visto in vitro che sono inibitori di un'eccessiva produzione degli enzimi α-glucosidasi e glucosio-6-fosfatasi, che attivano la conversione di non-carboidrati e glicogeno in glucosio, suggerendo che possa modificare l'assorbimento del glucosio nell'intestino tenue. Il glucosio viene immesso nel sangue, portato ai muscoli e per la parte in eccesso accumulato in molecole di grasso.
Alcuni studi mostrano una riduzione del rischio di diabete di tipo 2. Sono noti derivati dell'acido clorogenico che sono antiossidanti e agenti ipoglicemici. Queste proprietà antiossidanti, preventive del diabete, sono associate in particolare al caffè verde che contiene una più alta concentrazione di questi acidi e, diversamente dal caffè tradizionale, che viene tostato, non perde tale valore nutrizionale.
Il consumo di caffè è stato inoltre associato a una riduzione del rischio di insorgenza del cancro del colon-retto, del carcinoma della bocca, del carcinoma epatocellulare e del cancro alla prostata.

Caffè.

Nel 1771, in Svezia, il re Gustavo III volle verificare scientificamente se il caffè giovasse o meno alla salute. Per far ciò, si servì di due gemelli detenuti nelle carceri svedesi per omicidio. Dopo avergli commutato la pena di morte in ergastolo, impose loro la consumazione di tre tazze di caffè al giorno per uno e di tre tazze di tè l'altro. Pare che invecchiò meglio il gemello che fu costretto a bere tè, il quale si spense ad 83 anni.
Seppure in tutta Italia l'uso del caffè sia fortemente influenzato da tradizioni locali e legato all'uso di nomi che possono variare di città in città, merita una menzione particolare la nomenclatura del caffè in uso a Trieste, del tutto differente da quella in uso nelle altre città.
Del caffè non si butta nulla. Il suo infuso corroborante lo si beve e i suoi fondi possono essere utilizzati in casa o giardino. È un repellente ecologico contro le formiche e le lumache, può essere utilizzato come concime per le piante, posto nel frigorifero attira i cattivi odori e infine si può utilizzare per ravvivare il colore castano dei capelli.
In linea di massima possiamo affermare, anche se molti credono il contrario, che il caffè espresso preso al bar fa meno male di quello realizzato con la moka.
La spiegazione è semplice e sta nel modo di lavorare dei due sistemi di preparazione che estraggono la caffeina con modalità totalmente differente. La macchina del bar lavora con acqua ad alta temperatura e in pressione che rimane a contatto con la polvere di caffè per breve tempo; la caffeina necessita, per essere stratta totalmente, di tempi di contatto di gran lunga maggiori. Tale condizioni però favoriscono l’estrazione quasi totale delle sostanze aromatiche del caffè; infatti, dalla tazzina del bar si sprigiona un profumo molto intenso e ricco.
Nella moka di casa, la temperatura dell’acqua è di 100 °C e passa attraverso il caffè in un tempo molto più lungo rispetto alla macchina del bar. In questo modo, è decisamente maggiore la quantità di caffeina estratta ma, a differenza di quanto accade nella macchina del bar, le sostanze aromatiche, che necessitano condizioni di estrazione più drastiche, passano in quantità minima nella tazzina di caffè.

Io sono un amante del caffè, sia come semplice bevanda (ne consumo almeno 5-6 tazze al giorno), sia come ingrediente utilizzato nella preparazione di intermedi per dolci: creme, impasti, liquori, ecc.
Quando, sfogliando una rivista d cucina, ho incontrato questa ricetta, incuriosito ho voluto provarla subito e, devo dire, mi è piaciuta molto.

Riso al caffè con gamberetti.

Ingredienti (per 4 persone). 
320 g di riso Vialone Nano; 
120 g di gamberetti (possibilmente freschi); 
1 scalogno;
40 ml di caffè (una tazza da bar);
1 bicchierino di liquore al caffè (opzionale);
40 g di burro;
1 cucchiaio di grana grattugiato (opzionale);
4 cucchiai di olio EVO;
500 ml di brodo vegetale;
Sale & pepe q.b.

1 – Preparazione.
Sbucciate, lavate e tritate finemente lo scalogno.
Sgusciate, lavate bene i gamberetti e, se ancora presente, eliminate il filetto nero intestinale.
Portate a bollore il brodo vegetale.

2 – Cottura.
In una casseruola, aggiungere l'olio EVO, lo scalogno tritato e fatelo appassire per 2 minuti.
Togliere il soffritto dall’intingolo e mettetelo da parte, verrà aggiunta dopo; la tostatura del riso esige un’alta temperatura, che bruciacchierebbe irrimediabilmente il vostro soffritto lasciando un gusto forte e amarognolo al vostro risotto.
Aggiungere il riso e tostatelo per 3-4 min. mescolando di continuo. Tostare il riso serve a chiuderne i pori per aumentarne la tenuta alla cottura e far sì che possa rimanere al dente: tralasciando questo passaggio, la consistenza finale dei chicchi sarà simile a quella del riso bollito.
Potrete considerare tostato il riso una volta che questo inizierà a fare un certo attrito con la padella. A questo punto aggiungete il caffè (bollente) e fatelo assorbire dal riso. Per rendere la preparazione ancora più aromatica, potete sfumare anche con un bicchierino di liquore al caffè.
Aggiungete tanto brodo vegetale (bollente) sino a coprire il riso, unite lo scalogno messo da parte, mescolare un paio di volte (dolcemente) e non toccatelo più sino alla prossima aggiunta di brodo (continuando a mescolare si rompe la cuticola del riso troppo presto, si libera l’amido e il riso si attacca al fondo della padella).
Portate a cottura aggiungendo altro brodo caldo solo quando il precedente è stato assorbito.
Unite i gamberi 5 minuti prima del termine della cottura.
A cottura ultimata (riso al dente), aggiustate, se necessario, di sale; spegnete il fuoco, unite il burro e (se piace) il formaggio; mantecate mescolando energicamente.
Coprite con un coperchio e lasciate riposare per qualche minuto (2-3 minuti).

3 - Presentazione.
Trasferite nei singoli piatti da portata, spolverate con del pepe nero (grattugiato fresco) e un leggero filo di olio EVO.
Servite ben caldo.

Riepilogo costi-Kcal.

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